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PMI, Made in Italy e digitalizzazione

PMI, Made in Italy e digitalizzazione

Ci troviamo a vivere in un’epoca storica senza precedenti, paragonabile a nessun’altra. Il sistema economico e sociale su cui si basa la nostra quotidianità, il nostro modo di relazionarci agli altri, il nostro modo di acquistare e consumare beni, ha vissuto e sta vivendo enormi sconvolgimenti. Il grado di complessità nell’analizzare quello che sta accadendo è molto alto, ed è difficile comprendere esattamente quale sia il futuro che ci attende.

Quello che è certo, però, è che l’emergenza sanitaria ha modificato profondamente le modalità di acquisto e consumo, innescando previsioni di cui i brand devono fare tesoro e grazie alle quali possono adottare soluzioni adatte nel lungo termine.
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(Fonte: Pexels by Edward Jenner)

Made in Italy

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Uno studio della società di consulenza globale Alvarez&Marsal e di Retail Economics, sulle 30 principali catene di distribuzione in sei Paesi europei tra cui l’Italia, rivela che nei prossimi mesi saranno venduti tre-quattro miliardi di euro in più di prodotti Made in Italy, con una contrazione dell’import di quasi il 3,5%. La spiegazione sicuramente si trova nell’impatto della pandemia sul mercato internazionale.
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Le aziende italiane e i fornitori, dopo un primo momento di spaesamento, hanno saputo equipaggiarsi di inventiva e progettare catene di lavoro più intelligenti ed affidabili. Il 43% dei fornitori intervistati nello studio dichiara di voler prediligere una politica di “near-shoring”, riavvicinandosi alle fonti di approvvigionamento, e di “on-shoring”, riportando nei confini nazionali la filiera di produzione, nella sua interezza o almeno in gran parte.
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(Imaginechina via AFP)
Oltre a questi dati, lo studio di Alvarez&Marsal mette in luce anche la direzione ben precisa che stanno sempre di più adottando le imprese verso l’hi-tech, a partire dagli investimenti nella digitalizzazione (77%), fino ad arrivare all’automazione (63%) e all’intelligenza artificiale (23%).
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Piccole e medie imprese digitalizzate

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Sappiamo che in Italia il 92% delle imprese attive è costituito da piccole e medie imprese, in cui sono occupati l’82% degli italiani, dati che si spingono ben oltre la media UE. Esse sono le realtà imprenditoriali portanti del nostro Paese. Ecco perché, a causa del blocco causato dall’emergenza Covid-19 e del conseguente rischio di compromettere il comparto, il pericolo era quello di intaccare un intero sistema economico.
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(Fonte: Freepik by Rawpixel)
Quello che abbiamo visto avvenire e che sta ancora avvenendo è un forte cambiamento in termini di trasformazione digitale. Se da un lato si sta parlando di un trend che stava già investendo il nostro Paese, dall’altro il fattore pandemia ha velocizzato la diffusione e il radicamento di un fenomeno che sicuramente anche negli anni futuri avrà la centralità, anche in vista dei finanziamenti previsti dal Recovery Plan.

Di tutte le piccole e medie aziende in Italia, circa 22 mila, già prima di febbraio, avevano avviato un’attività di e-commerce. Questa scelta si è rivelata poi interessante e vincente, in quanto si sono guadagnate la possibilità di continuare a lavorare, nonostante le limitazioni, non essendo interessate dalle restrizioni dei DPCM.
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(Fonte: Pexels)

Il valore delle piccole e medie imprese

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Nonostante la ridotta dimensione aziendale, il tessuto industriale italiano si conferma oggi estremamente vitale. Tra le PMI si osserva la crescita e lo sviluppo di nuovi soggetti imprenditoriali altamente competitivi e con crescente propensione all’innovazione e all’internazionalizzazione. Il contributo che queste realtà apportano va oltre l’aspetto economico, occupando un posto importante anche nel tessuto culturale e sociale del Paese.

La vera forza delle piccole e medie imprese trainanti il Made in Italy è la vendita di prodotti di nicchia, frutto del saper fare italiano e soprattutto della maestria nel valorizzare l’artigianalità, cercando però sempre di intercettare i movimenti del mercato e i bisogni dei consumatori, innovando continuamente.
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Boxwego e il packaging perfetto per piccoli produttori

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Il cambio generazionale vissuto dallo Scatolificio Girola ha dato vita a Boxwego, la nostra Digital Packaging Factory che nasce per soddisfare le esigenze di quei piccoli produttori che hanno bisogno di un packaging personalizzato dalle piccole tirature. Un packaging in grado di trasmettere il valore del prodotto Made in Italy e valorizzare la sua storia e il lavoro che lo ha portato fino alle mani del cliente.

Boxwego ha intravisto la necessità di innovare e digitalizzare un settore già esistente, che però aveva bisogno di una realtà che facesse un passo avanti verso la personalizzazione e la richiesta di piccoli quantitativi. Questa necessità ha trovato espressione, oltre che nell’adozione delle tecnologie dell’Industria 4.0, in un sito e-commerce dotato di configuratore 3D. In questo modo anche le piccole e medie imprese produttrici di oggetti di qualità possono, in pochi semplici passaggi, accedere ad un packaging pregiato.
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Com’è nata la scatola di cartone?

Com’è nata la scatola di cartone?

Fin dai tempi più antichi l’uomo ha avuto la necessità di contenere e proteggere i prodotti della terra, i manufatti e le merci in genere. Ma come si è arrivati alla scatola di cartone?
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Etimologie e origini

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La parola “scatola” sembra derivare dal latino medievale castula (‘cassa, cesto’), parola a sua volta di origine germanica. Non è da escludere che possa derivare dal tedesco schatz, ‘tesoro’, che sembra riferirsi alla radice skad- (‘coprire, nascondere’), e che riporterebbe all’idea di scrigno o salvadanaio.

Secondo l’enciclopedia Treccani sta a indicare un “involucro di forma varia, generalmente fatto di cartone, sempre munito di coperchio, usato per contenere e conservare oggetti svariati”.

Se ci spingiamo oltre l’approccio linguistico, alla ricerca delle origini temporali e geografiche dell’oggetto, scopriamo che dobbiamo andare indietro di tre-quattromila anni per rintracciarne la prima comparsa. E, precisamente, dobbiamo spostarci in Cina. Infatti, durante il I e II secolo a.C., si usavano fogli di corteccia di gelso per avvolgere e conservare gli alimenti.

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corteccia di gelso
Corteccia di gelso

L’arrivo in Occidente: tra commercio, giochi da tavola e cappelli

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Grazie alla Via della Seta e all’intensificarsi del commercio tra gli imperi dell’Europa e della Cina, arrivarono ad ovest nuove tecniche e materiali.

All’inizio il cartone era usato come materiale di stampa e da scrivere, piuttosto che in forma di scatola per la conservazione. La prima scatola di cui ci arriva documentazione riguarda quella usata per un gioco da tavolo tedesco di strategia bellica, “The Game of Besieging”. Era il 1817.

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Secondo alcuni, un certo Malcolm Thornhill, industriale inglese, fu il primo a creare una scatola di cartone a foglio singolo, ma non ci sono prove sufficienti di chi fosse o cosa abbia conservato nella scatola di cartone. Da lì sarebbero passati altri quarant’anni prima che un’altra innovazione scuotesse il mondo del cartone.

Nel 1956, infatti, Edward Allen e Edward Healey, nel business della vendita di cappelli alti, necessitavano di un materiale che potesse sorreggere e mantenere la forma del cappello. Nacque così uno dei primi contenitori di carta ondulata, un materiale tipicamente realizzato con fibre di legno non sbiancate con un foglio scanalato fissato su una o due tavole lineari.
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Robert Gair e l’errore fortunato: nasce la scatola di cartone

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Robert Gair, emigrato di origine scozzese, era uno stampatore che nel 1870 aveva iniziato una produzione di sacchetti di carta a Brooklyn. Aveva realizzato, infatti, che le persone preferivano imballaggi di carta piuttosto che sacchetti di cotone e iuta, che non erano prontamente disponibili durante la guerra.
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Un giorno, nel 1879, mentre stava producendo dei sacchetti, la sua macchina si inceppò e tagliò la carta. Invece di preoccuparsi per i sacchetti rovinati, Gair vide che tagliare e sgualcire il cartone in una volta sola avrebbe potuto creare le scatole prefabbricate.

Scoprì così che piegando e tagliando la carta in una operazione unica poteva produrre scatole di carta pretagliate. Applicando questa idea al cartone ondulato alcuni anni dopo nacquero le prime scatole di cartone vere e proprie.

Creare scatole era un processo lungo e costoso. Ora, grazie a Gair, le scatole di cartone potevano essere prodotte in serie, rendendole più convenienti.
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(Fonte: Freepik)

Le scatole in cartone oggi

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Nella società di oggi, le scatole di cartone sono ampiamente diffuse per gli usi più disparati, basti pensare che nel 2005 l’architetto Peter Ryan ha progettato un’intera casa composta in gran parte da scatole di cartone.

Vengono scelte così spesso proprio perché sono un prodotto unico, riciclabile, rinnovabile e biodegradabile, che è anche altamente riutilizzabile dai consumatori.

Le scatole in cartone, però, non sono tutte uguali. Tra i diversi tipi, le scatole rigide rivestite presentano notevoli vantaggi, come ad esempio la robustezza, la raffinatezza, il loro riutilizzo. Soprattutto, la capacità di trasmettere prestigio e di innalzare il valore percepito del prodotto.

Abbiamo creato per questo una Digital Packaging Factory che ti permette di progettare e realizzare la tua scatola rivestita personalizzata in pochi semplici passaggi.
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LIFE CYCLE DESIGN: guardare le cose da lontano

LIFE CYCLE DESIGN: guardare le cose da lontano

Cosa si nasconde dietro gli oggetti che ci circondano ogni giorno? Da dove provengono, cosa hanno vissuto prima di arrivare a essere dove sono? In che modo il loro percorso ha impattato e impatterà sull’ambiente?

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Il mondo degli oggetti che ci circonda è portatore di una storia. Dietro ogni oggetto ci sono decisioni prese rispetto alla sua forma, i materiali, i colori, la strada da percorrere per arrivare dove devono arrivare. Queste decisioni hanno un peso ambientale e per questo, in fase di progettazione, si può scegliere di pensare a prodotti migliori o peggiori da questo punto di vista.

Il peso ambientale corrisponde all’impatto sull’ambiente, all’alterazione “qualitativa e/o quantitativa, diretta e indiretta, a breve e lungo termine, permanente e temporanea, positiva e negativa dell’ambiente” [art. 5, punto c) del D.Lgs.152/2006].
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La complessità del Life Cycle Design

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Quando si tratta di progettare un prodotto, non basta pensarlo nella sua interezza come risultato finale, ma è necessario considerare la complessità del suo ciclo di vita. È necessario guardarlo da lontano, partire dalla nascita, con l’estrazione dei materiali, passare alla trasformazione e lavorazione degli stessi, al suo trasporto, fino ad arrivare all’utilizzo e alla sua dismissione. Il prodotto vive fasi diverse che hanno un diverso impatto ambientale, il quale è misurabile e va monitorato, in modo tale da essere migliorato nelle fasi in cui si presentano problematiche.

È necessario quindi effettuare la cosiddetta “analisi del ciclo di vita” e agire di conseguenza sulla “progettazione del ciclo di vita del prodotto”, il Life Cycle Design. Agire in questo modo significa pensare al packaging tenendo conto dell’importanza di ridurre al massimo gli impatti negativi sull’ambiente e sulla società in generale e, ancor più, di minimizzare gli sprechi in tutte le fasi.
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Il riutilizzo del packaging

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A questo si aggiunge un altro elemento che va ad integrare la catena del Life Cycle Design, vale a dire il riutilizzo. Il riuso del packaging sta diventando una pratica sempre più diffusa soprattutto quando si tratta di confezioni di alto livello, che possono passare dall’essere parte integrante del prodotto a diventare parte integrante della vita di chi l’ha acquistato.

Il packaging continua a essere parte del modo in cui si conserva l’oggetto, e infine, invece di essere gettato via come qualsiasi altro imballaggio, può diventare oggetto da collezione o essere riutilizzato come contenitore. Senza dubbio, pensare a un packaging che possa vivere anche oltre l’aspettativa di vita del prodotto che contiene è un ottimo modo di agire eco-responsabilmente.
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Conclusioni

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Boxwego ha selezionato le migliori cartiere che, oltre ad essere attente in generale al tema sostenibilità, praticano il riciclo e l’upcycling, cioè quel processo di trasformazione di sottoprodotti o di materiali di scarto, destinati ad essere gettati, per creare nuovi oggetti dal valore maggiore del materiale originale.

Con Boxwego puoi progettare e realizzare una scatola di alta qualità dal ciclo di vita sostenibile, capace di valorizzare il tuo prodotto e di comunicare il tuo brand per lungo tempo.
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Digitalizzazione in Italia: e-commerce e pandemia

Digitalizzazione in Italia: e-commerce e pandemia

A che punto è l’Italia nel suo percorso verso la digitalizzazione? E in che modo la pandemia ha influenzato questo processo? In questo articolo cerchiamo di comprendere, partendo dal mondo e-commerce, cosa è successo e cosa sta succedendo nel nostro Paese.

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Il 2020 è stato sicuramente l’anno in cui si è parlato di più di e-commerce ovunque, a partire proprio dall’ambiente digitale, tra social, siti e ricerche di mercato. SEMrush, infatti, afferma che “acquista online” è stata una ricerca online che è raddoppiata nel primo mese della pandemia e che c’è stata una crescita media del 30% del traffico per siti di e-commerce nella prima metà dell’anno.
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(Fonte: SEMrush) 
Soprattutto durante i primi mesi della pandemia, c’è stato un periodo di confusione e di sorpresa nei confronti del netto spostamento degli acquisti sulle piattaforme digitali. Amazon stesso, che ha sicuramente beneficiato della situazione e si è riconfermato il principale rivenditore online, si è trovato a ridurre il catalogo ai soli beni essenziali in Italia e in Francia, data la difficoltà nel far fronte all’aumento esponenziale degli ordini.
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(Fonte: Freepik)
In ogni caso, si può osservare come, sempre durante il primo periodo, le aziende che avevano già avviato il processo di digitalizzazione si siano trovate avvantaggiate e abbiano potuto non fermarsi e rilanciare le vendite. Si può dire infatti che l’e-commerce sia stato uno dei pochi settori che non hanno subito un contraccolpo negativo causato dal Covid-19. In particolare, gli acquisti online si sono concentrati per più della metà nel nord Italia, per il 28% nel Sud e Isole e per il 19% nel centro Italia.
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L’Italia e la digitalizzazione

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Ma qual è lo stato dell’Italia nel processo della digitalizzazione? È indispensabile comprendere questo dato per poter dire se il nostro Paese sia pronto per questa rivoluzione nell’ambito delle vendite. Secondo i dati dell’Osservatorio Professionisti e Digital Innovation 2b2, il 55% delle aziende si dimostra ancora incapace di capire le potenzialità del digitale, non riconoscendolo come un fattore strategico per il proprio sviluppo.

C’è da considerare il tipo di sforzo richiesto alle aziende italiane nell’effettuare questo cambiamento. Il passaggio al digitale, infatti, implica soprattutto un cambio di atteggiamento culturale, che il sistema imprenditoriale del nostro Paese, forse anche per le piccole dimensioni della maggior parte delle sue aziende, fatica ancora ad adottare.
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Digitalizzazione-aziende
(Fonte: Pexels by Serpstat)
Ci sono infatti ancora molti limiti e ostacoli che allontanano l’Italia dal pieno raggiungimento dell’obiettivo digitalizzazione. In primis, il digital divide. Si tratta del divario esistente tra chi ha un accesso adeguato ed efficiente ad internet e chi invece, per scelta o per motivi tecnici, non ce l’ha. Questo secondo gruppo subisce così un’esclusione importante dai vantaggi della società digitale.

A questo si aggiunge il fronte del capitale umano: secondo gli indicatori del Digital Economy and Society Index 2020 (DESI), relativi ai 28 Paesi dell’UE, l’Italia spicca per la bassa disponibilità di competenze digitali e per la mancanza di un’integrazione delle tecnologie digitali nei processi organizzativi e produttivi.
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(Fonte: Pexels by Negative Space)

L’effetto pandemia

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Non tutti i mali vengono per nuocere. Senza dubbio infatti, la pandemia ha però avuto l’effetto di accelerare un processo che era già in corso. Già nel 2019, i numeri registravano un incremento del 10% dell’e-commerce rispetto al 2018. Inoltre, i dati 2019-2020 mostravano che in Italia l’e-commerce, pur rappresentando ancora una piccola parte degli acquisti complessivi (7,3% del totale), generava comunque il 65% della crescita Retail complessiva (online + offline).

Nel 2020 i dati hanno visto un sensibile incremento, pari al 25% in più rispetto al 2019. Nonostante ciò, l’importante domanda di cambiamento dei consumatori si scontra con un contesto imprenditoriale che, come già detto, si dimostra non ancora pronto. Per far fronte a questa carenza è necessario che sempre di più si cerchi di ascoltare la esigenze dei clienti, che invece si dimostrano pronti ad un cambiamento radicale nelle abitudini.

Durante il convegno online di ottobre 2020 del Politecnico di Milano con l’Osservatorio Multicanalità dal nome Multicanalità 2020: il countdown del cambiamento sono emersi dati interessanti lato cliente. Dai risultati della ricerca antecedente al convegno è emerso che più di un italiano su quattro è un consumatore multicanale evoluto e che 5,7 milioni di italiani sono a loro agio in tutte le fasi del processo di acquisto online. Inoltre, il 53% degli acquirenti si dimostra molto interessato a incoraggiare le imprese e sarebbe disposto a cambiare le proprie abitudini per aiutare i negozi di fiducia a sfruttare i canali digitali. Segnali di cui senza dubbio ogni attività imprenditoriale dovrebbe tener conto.
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Shopping-online
(Fonte: Pexels by emirkhan bal)

Tra fisico e digitale

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Queste nuove abitudini di acquisto comprendono anche una sempre maggiore ibridazione tra canale fisico e canale digitale. La maggioranza degli acquirenti del mondo online, infatti, è capace di passare dal fisico al digitale in modo alternato. Ci sono elementi insostituibili nell’esperienza fisica in negozio, come le sensazioni tattili nel toccare un oggetto, l’indossare un capo prima di comprarlo, oltre alle sensazioni più nascoste ma ugualmente importanti, come quelle che nascono dalla piacevolezza di un’atmosfera o dalla gentilezza di un negoziante.

Ciò non toglie che non essere presenti online oggi, e non cogliere le opportunità che il digitale mette a disposizione, significa rinunciare ad opportunità di mercato e, col passare del tempo, rimanere fuori dai giochi. L’obiettivo, insomma, dovrebbe essere quello di combinare le potenzialità offerte da entrambi i luoghi, quello fisico e quello digitale, per creare la migliore esperienza possibile per il cliente del 2021.
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Boxwego e la digitalizzazione

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La realizzazione della scatola rivestita di lusso ha sempre previsto un contatto diretto tra produttore e cliente, necessario a comunicare in modo preciso le varie caratteristiche di un prodotto di per sé complesso.

Boxwego ha colto la sfida del digitale e ha fatto in modo che questo contatto fosse sostituito per la maggior parte dalla tecnologia e che fosse però integrato con il fattore umano, sempre presente al fine di risolvere e prevenire i problemi del cliente finale. Attraverso il Configuratore 3D, si crea tra acquirente e produttore un rapporto a distanza funzionale, che porta più velocemente e con minore margine di errore a risultati efficaci e precisi.
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Tecniche di stampa: qual è la migliore per il tuo packaging?

Tecniche di stampa: qual è la migliore per il tuo packaging?

La stampa è di fondamentale importanza per il settore del packaging e in generale nell’ambito dei supporti per la comunicazione e la pubblicità. Esistono diversi tipi di stampa, ognuno con delle peculiarità che lo rendono adatto a un determinato utilizzo. Scopriamo qui alcune tecniche di stampa e le loro caratteristiche.
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Le nobilitazioni di stampa

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Quando si parla di nobilitazione dello stampato, si intende ogni tipo di procedura che implica una trasformazione qualitativa dello stesso. Le nobilitazioni di stampa sono in grado di rendere “nobile” la carta, aumentando il valore estetico e la percezione di pregio, dandole effetti molto particolari ed esaltando gli aspetti sensoriali per creare dettagli capaci di stimolare vista e tatto.
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I metodi di nobilitazione sono svariati. Alcuni di essi sono ormai in uso da decenni, come ad esempio la plastificazione, altri invece sono più recenti e più innovativi, come la stampa a caldo e la goffratura.
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Esistono vari tipi di nobilitazione, realizzati attraverso diversi metodi di stampa. Qui parleremo di due tipi di stampa in particolare, cioè la stampa digitale, per cui è possibile usare la tecnica della quadricromia, e la stampa a caldo, cercando di capirne le singole funzionalità e potenzialità.
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Tecniche-di-stampa-Boxwego
(Fonte: Pixabay, by Filip Marek)

Cos’è la stampa digitale?

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Quando parliamo di stampa digitale ci riferiamo a un sistema in cui la forma da stampare viene generata attraverso processi elettronici e viene impressa direttamente sul supporto da stampare. Senza dubbio è la tecnica con cui tutti noi abbiamo più spesso a che fare oggi, dalle stampanti di casa alle fotocopiatrici.
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La stampa digitale non richiede alcuna matrice e può essere di due tipologie, in base al tipo di inchiostro che viene utilizzato:
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· Stampa a toner, che si basa sull’utilizzo di un inchiostro a polvere;

· Stampa a getto d’inchiostro, che utilizza un inchiostro liquido, il quale viene rilasciato da una testina sulla superficie da stampare.
Grazie ai dispositivi di stampa a colori digitali è possibile effettuare stampe in CMYK.
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Stampante digitale (Fonte: Wikimedia Commons)

La stampa in quadricromia

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CMYK sta per Cyan (Ciano), Magenta, Yellow (giallo) e Black (nero). Si parla di quadricromia perché si tratta di un modello di colore a quattro canali. CMY sono i colori primari della sintesi sottrattiva e in teoria potrebbero riprodurre tutte le sfumature intermedie dal bianco al nero, ma gli inchiostri non riescono a riprodurre il nero teorico perché non sono abbastanza puri. Per questo motivo è stato aggiunto K, l’inchiostro nero, per ottenere un nero più pieno e neutrale, dando così vita allo spazio colore CMYK.
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CMYK-colori
(Fonte: Pixabay, by Andile Moyo)
La miscelazione di queste sostanze riflette solo una parte dello spettro luminoso. Il colore ottenuto è quindi il risultato della sottrazione dallo spettro luminoso delle frequenze assorbite dallo strato di sostanze opache. La riproduzione del colore in stampa tramite l’uso di questi quattro inchiostri è detta stampa in quadricromia.
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La stampa a caldo

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La stampa a caldo è una tecnica antica che nacque nel 1892, anno in cui fu registrato il suo brevetto. È nata per opera di Ernest Oeser e ha vissuto una notevole ascesa tra il XIX e il XX secolo. In particolare, negli anni ‘50 del XX secolo veniva molto utilizzata per stampare il materiale plastico.
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Nel 1998 la stampa a caldo diventa il metodo per eccellenza per eseguire la “stampa di sicurezza”, vale a dire la stampa utilizzata nel settore che si occupa della produzione di banconote, assegni, certificazioni azionarie, francobolli etc.
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Come funziona la stampa a caldo?

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La stampa a caldo è anche definita stampa diretta a bobina e consiste in un processo rilievografico che si ottiene dall’effetto combinato tra pressione, calore e velocità di distacco.
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Il concetto che sta alla base della tecnica della stampa a caldo è semplice. Pellicole neutre o metallizzate vengono trasferite su oggetti che presentano superfici regolari e di varia composizione, essendo questa una stampa che si adatta a vari supporti.
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Foil per stampa a caldo (fonte: Flickr, mark justinecorea)
Il processo consiste in un’incisione (cliché) fissata sulla platina che viene riscaldata, dopodiché si deposita una lamina sottilissima e metallica (oro, rame, argento, metallo colorato) o di altro materiale apposito sulla grafica da evidenziare. Questa lamina colorata è il foil: quando la platina pressa contro il supporto da stampare, il calore distacca lo strato colorante del foil, che finisce direttamente sul supporto assumendo la forma del disegno dell’incisione.
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La temperatura adeguata per poter stampare deve rimanere tra i 90° ed i 150°c. La matrice può essere di ottone, acciaio, magnesio o ergal.
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Per produrre il rilievo dell’immagine e rendere uno spessore specifico è necessario ricorrere a incisioni particolari, in quanto la tecnica in sé non garantisce questo effetto.
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luxury-packaging-Boxwego

Perché scegliere la stampa a caldo?

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È importante notare come la stampa a caldo sia l’unico processo di stampa capace di rendere la brillantezza dei colori ed effetti metallici che non perdano la lucentezza nel tempo.
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La stampa a caldo permette di creare effetti inimitabili, mettendo in risalto i dettagli in modo accattivante e permettendo una vasta scelta di colori e di finish.
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Il risultato finale della stampa a caldo è impeccabile: i colori sono brillanti e vivaci, il contenuto della stampa (immagini e testi) è nitido e preciso. La stampa a caldo, inoltre, può essere utilizzata su innumerevoli supporti, come ad esempio vetro, metallo, carta, plastica, cotone ed altri filati, ed è capace di trasmettere valore e pregio.
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Boxwego e le tecniche di stampa

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Boxwego è la Digital Packaging Factory che ti permette di realizzare il tuo premium packaging personalizzato attraverso l’utilizzo della tecnica della stampa a caldo, per rendere le tue scatole capaci di trasmettere qualità e di moltiplicare così i punti di forza del tuo prodotto.
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La carta: un elemento fondamentale per il packaging

La carta: un elemento fondamentale per il packaging

Al fine di rendere un packaging efficace, a fare la differenza è la scelta dei materiali. I giusti materiali, infatti, sono capaci di dare una spinta in più, difficilmente sostituibile con qualsiasi strategia di marketing.
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La carta come materiale principale della confezione

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I giusti materiali costituiscono un elemento fondamentale nella presentazione estetica del prodotto, ma non solo. Essi infatti sono in grado di richiamare la tendenza a conservare la confezione, dato che possono renderla memorabile nel tempo e trasformarla in un oggetto decorativo o comunque riutilizzabile.

Tra i materiali che rendono la scatola riconoscibile e che veicolano il concetto di qualità, la carta è sicuramente uno dei più rilevanti. Le carte utilizzate per il packaging possono avere trame e spessori diversi, caratteristiche fondamentali, perché sono in grado di suscitare sensazioni tattili intense e stimolare il gradimento del consumatore.

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Campionario-carte-boxwego
Dal campionario Boxwego (acquistabile sul sito).

La carta come connubio perfetto dei valori

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Scegliere la carta, inoltre, significa agire in una precisa direzione, con l’obiettivo di mantenere saldi tre valori fondamentali: funzionalità, estetica ed ecosostenibilità. Nel progettare un packaging, le aziende devono tenere conto del grado di responsabilità sociale ed ambientale raggiunto dai consumatori. Questi ultimi si aspettano lo stesso impegno da parte dei produttori, per cui la sostenibilità non è più da considerarsi un valore aggiunto, ma un requisito fondamentale.

Secondo uno studio di Twosides, il 66% dei consumatori predilige i prodotti ordinati online che sono consegnati in imballaggi di carta piuttosto che in plastica. Ancora meglio se questa carta proviene da foreste certificate con marchio FSC, la certificazione internazionale che identifica i prodotti contenenti materiali provenienti da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

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Carte-rivestimento-boxwego

Le carte selezionate da Boxwego

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Le carte selezionate da Boxwego per il rivestimento delle scatole provengono da alcune tra le migliori cartiere in Europa. Tutte possiedono la certificazione del marchio FSC, e sono quindi realizzate da fonti gestite in maniera responsabile.

Le nostre cartiere partner sono grandi realtà che hanno creduto nel progetto Boxwego perché lungimiranti e concordi rispetto alla nostra mission, cioè rispondere alla necessità di piccole tirature di packaging mantenendo alta la qualità della scatola.

Le carte che abbiamo selezionato provengono dalle seguenti cartiere:

· Cordenons

· Favini

· Fedrigoni

· Icma

· Reflex

Tra la vasta proposta è possibile trovare diversi tipi di carta, liscia o goffrata, proveniente da fibre vergini, da fibre riciclate o realizzata con sottoprodotti di lavorazioni agro-industriali. Un punto in comune tra tutte le carte che abbiamo selezionato è il fatto di essere riciclabili e per lo più biodegradabili.
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Carte-colorate-Boxwego

Boxwego tra carta d’eccellenza e sostenibilità

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Come abbiamo visto, per creare un packaging realmente efficace è utile pertanto aggiornarsi costantemente sugli sviluppi qualitativi e tecnologici degli imballaggi e dei materiali, per rispondere alle esigenze del mercato ed agire secondo una forte responsabilità ambientale e sociale.

Sicuramente, inoltre, oggi esiste uno stretto rapporto fra l’estetica di un packaging e la sua ecosostenibilità. Un packaging poco sostenibile molto spesso parte già da una condizione di svantaggio che si ripercuote sulla sua desiderabilità. Anche per questo noi di Boxwego attuiamo un’attenta selezione dei materiali e dei processi per garantire il rispetto di entrambi i valori, con l’obiettivo di migliorarci e migliorare continuamente la qualità dei prodotti offerti.

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